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LEZIONE SULLA MARGOTTA DINAMICA.

Tecniche sulla margotta “Dinamica”.

Ho interpretato così questo metodo nel fare una margotta inusuale chiamandola “margotta dinamica” per le tecniche usate.

Intendiamoci, non si discosta  molto nell’uso comune nel fare una margotta, poiché il fine ultimo è quello di ottenere una nuova pianta munita di molte radici. Semmai sono le tecniche usate che si differenziano parzialmente dal metodo comune.

Vediamo alcune immagini tradizionali  step by step su alcune piante.

 

 

Faggio nello stile ventoso, lo step finale

Faggio spazzato dal vento: lo step finale.
Fagus sylvatica; dopo 25 anni di coltivazione è stato modificato lo stile definitivo di questo faggio: Fukinagashi (ventoso, spazzato dal vento).

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Testo e foto di Armando Dal Col

Ciò che maggiormente colpisce lo stile ventoso è un Bonsai che potrebbe rappresentare in un albero un’indicazione di contro-equilibrio o di antigravità, a causa delle fronde mosse dal vento. Il Bonsai nello stile ventoso o “Fukinagashi” è senza dubbio una delle più drammatiche rappresentazioni della natura, è l’evocazione d’ambienti difficili dove regnano costanti i forti venti tipici delle coste scoscese, dove i tronchi degli alberi assumono forme arcuate, e così sono evidenti dei rami spezzati e parti denudate del tronco. E come non rimanere “turbati” nel vedere gli alberi piegarsi sotto l’infuriare dei violenti temporali estivi alimentati dai forti venti che possiamo tranquillamente vedere anche nelle città o nelle campagne. Infatti, sono proprio queste le occasioni che ci permettono di osservare gli alberi e specialmente le latifoglie sottoposte all’infuriare della tempesta. L’insieme dei rami con le voluminose fronde assumono un’unica direzione sospinti in continuazione da forti raffiche di vento in un movimento ondulatorio. E sono proprio le latifoglie rispetto alle conifere che trasmettono angosciosi momenti, ma anche “ammirazione” assistendo impotenti nostro malgrado alle forze della natura. Terminato il violento temporale, le latifoglie riassumono il loro aspetto naturale. Ecco perché non è facile mantenere visibile questo stile, specialmente quando una latifoglia è in piena vegetazione.
Ed ora passiamo alle immagini dello step finale nelle varie fasi del rinvaso nel nuovo contenitore, considerato più appropriato rispetto a quello precedente.

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Un Carpino bianco ottenuto da margotta modellato nello stile ventoso.

Carpino bianco

Carpino pianta madre  con margotte

Carpino pianta madre l'aspetto attuale

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SONY DSCUn Carpino bianco ottenuto da margotta modellato nello stile ventoso.
La storia di questo carpino iniziò dopo l’attecchimento consolidato della pianta madre che raccolsi una ventina di anni fa. E poiché aveva un ramo basso prostrato non lo tagliai subito poiché contribuiva ad aumentare le dimensioni del tronco della pianta madre. Questo ramo lo margottai dopo tre quattro anni dall’avvenuto attecchimento, producendo sufficienti radici dopo una stagione vegetativa. Nel frattempo la pianta madre sviluppò due rami apicali che margottai successivamente con successo.
L’evoluzione del “nostro” carpino in questione non fu delle migliori, in quanto dopo qualche anno fu trasferito in una pietra concava contenente poca terra tanto da permettergli di rimanere in vita sviluppandosi poco. Successivamente a causa di uno stress idrico prolungato la pianta entrò in sofferenza, così decisi di posizionarlo nella terra interrando parzialmente anche la pietra. A poco a poco si riprese grazie anche alle radichette che fuoriuscivano dai fori di drenaggio della pietra, sviluppando robuste radici e naturalmente nuova vegetazione che lasciai crescere quasi indisturbata per qualche anno.
Nella lezione di sabato 28 settembre (2013) con gli allievi Stefano e Alessandro introdussi anche questa pianta, coinvolgendo gli allievi nella lettura del carpino. Stefano per venire a lezione da me si fa bel seicento kilometri fra andata e ritorno, mentre Alessandro ne fa SOLO 180!
Quello che affascina l’arte del Bonsai sono le chiavi di lettura in una pianta, scoprire i suoi punti di forza, realizzando soprattutto un Bonsai credibile.
Ecco perché decisi di impostare la pianta nello stile ventoso dove sono evidenti dei rami spezzati e parti denudate del tronco. E come non rimanere “turbati” nel vedere gli alberi piegarsi sotto l’infuriare dei violenti temporali estivi alimentati dai forti venti. Infatti, sono proprio queste le occasioni che ci permettono di osservare gli alberi e specialmente le latifoglie sottoposte all’infuriare della tempesta. L’insieme dei rami con le voluminose fronde assumono un’unica direzione sospinti in continuazione da forti raffiche di vento in un movimento ondulatorio. E sono proprio le latifoglie rispetto alle conifere che trasmettono angosciosi momenti, ma anche “ammirazione” assistendo impotenti nostro malgrado alle forze della natura.
Nelle numerose immagini che seguiranno, vedremo le varie fasi di lavorazione del carpino. Ho desiderato inserire in primis tre foto iniziali di com’era il carpino “pianta madre” visto all’epoca della raccolta, il quale ci permette di vedere il ramo basso prostrato che diventerà il carpino dell’articolo dopo essere stato ottenuto da margotta. Nella seconda foto vedremo la pianta madre con due rami margottati, mentre nella terza vedremo la foto dell’evoluzione della pianta madre vista nell’aspetto attuale.
Ed ora la parola alle immagini, buona visione.

Un abete argentato (Picea pungens “Kosteriana Glauca” ) da vivaio trasformato in un Bonsai nello stile Bunjin.

   Un abete argentato  (Picea  pungens  “Kosteriana  Glauca” ) da vivaio trasformato in un Bonsai  nello stile Bunjin.

Testo e foto di Armando Dal Col.

 

 

BUNJIN-JI  (Literati, Astratto)

Ciò che caratterizza lo stile Bunjin è l’estrema essenzialità delle branche;  il tronco  è generalmente lungo e sottile, sinuoso e con l’aspetto di un albero vissuto dov’è ben visibile l’annosità della corteccia del tronco e dei rami in tutta la sua estensione.   Le conifere sono sicuramente le più adatte per lo stile Bunjin, ma ciò non toglie che si possa rappresentarlo anche con altre specie. I rami sono pochi e piuttosto distanziati l’uno dall’altro, per poi concentrarsi verso l’apice dove formeranno una leggera corona.

In natura esistono forme rappresentative di questo stile, sia nell’albero singolo che in gruppo; numerose sono, infatti, le possibilità e le evoluzioni dello stile Bunjin, riconducibile in molti altri stili.

Lo stile  Bunjin-ji  ebbe origine dalle persone colte, dedite all’arte ed alla letteratura; il suo termine è appunto tradotto dal vocabolo letterato e occidentalizzato come “Literati”.

Il Bunjin-ji ha conosciuto tre grandi periodi: il primo si è reso concreto nell’epoca di Edo che va dal 1600 al 1868, il secondo ha inizio nell’epoca Meiji, il terzo periodo inizia subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale per arrivare ai nostri giorni.

Il Literati è uno stile molto raffinato in cui si può “captare” la tecnica, ma non la sua totale padronanza come potrebbe avvenire per gli altri stili poiché, non esistono regole ben precise. Il Bunjin esprime la sensibilità del suo creatore, ci si può appropriare della tecnica, un po’ meno dell’arte…

Una regola comune in cui tutti sono concordi è nella scelta del vaso che dev’essere essenzialmente piccolo, possibilmente rotondo e semplice, essenziale appunto, proprio come lo stile Literati in cui l’albero sembra essere evanescente. E questo si riconduce proprio al pensiero filosofico-artistico influenzato dallo Zen che tende a ridurre tutto all’essenzialità, come un dipinto espresso da brevi pennellate, o la poesia Haiku che ha il fascino del frammento…

UN SEMPLICE ABETE TRASFORMATO IN UNO STILE MOLTO RAFFINATO: LITERATI!

   Ed ora veniamo al nostro abete argentato; girando per vivai in cerca di una pianta mi soffermai

In questo abete che aveva un tronco curvato e spoglio nel primo tratto, e  con delle tracce di rami tagliati.

L’abete argentato ha un tronco diritto con rami disposti in verticale e di conseguenza dei palchi orizzontali. Caratterizzano questa pianta gli aghi grossi e lunghi 2 centimetri e la chioma di forma a piramide allargata.

Feci un primo intervento togliendolo dal vaso di plastica per verificare lo stato di salute dell’apparato radicale, selezionando alcune radici. Un primo step consisteva  di una parziale rimozione del vecchio terriccio con taglio delle radici danneggiate e con l’aggiunta di un terriccio più idoneo inserendo poi l’abete nello stesso vaso di coltivazione ma con una nuova inclinazione della pianta pensando al suo futuro sviluppo nella veste di un Bonsai. Rimase in questa situazione “dimenticandolo” per un paio d’anni affinchè recuperasse le forze perdute.

Nel febbraio di quest’anno 2013 decisi che era giunto il momento per modellare questa pianta nello stile Bunjin com’era nelle mie intenzioni, intervenendo in primis con un’accurata pulizia degli aghi dislocati alle ascelle dei rami e rametti. Applicai  il filo di rame protetto dal nastro adesivo di carta, poiché come si sa,  il rame risulta essere fitotossico per gli abeti!

Prima di effettuare il rinvaso in un vaso Bonsai anche se non appropriato, preferisco attendere il risveglio vegetativo dell’abete per far sì che non subisca rallentamenti nella sua nuova e futura dimora. Solo in un successivo rinvaso penserò ad un contenitore Bonsai adatto allo stile di questa pianta. Ed ora passiamo alla visione delle immagini nelle varie fasi di lavorazione.

 

Foto 1.  Picea  pungens  “Kosteriana  Glauca” .  L’aspetto attuale prima degli interventi di pulizia degli aghi.

 

Foto 2.  La pianta vista di fianco.

 

Foto 3.  L’abete visto sul retro della prima foto.

 

Foto 4.  La pianta vista sull’altro fianco.

 

Foto 5.  Le radici del nebari.

 

Foto 6.  Primo piano di un rametto dove son ben visibili gli aghi ascellari  che dovranno essere rimossi.

 

Foto 7.  Intervento della pulizia aghi.

 

Foto 8.  Rimozione dei rametti deboli o inutili.

 

Foto 9.  Un ramo è stato ripulito dagli aghi in eccesso.

 

Foto 10.   La branca apicale ancora “vergine” necessita di essere ripulita e ridotta.

 

Foto 11.   Le due branche principali sono state ripulite.

 

Foto 12.  Si inizia a modellare la pianta con l’applicazione del filo.

 

Foto 13.  La prima branca è stata abbassata per creare armonia ed eleganza seguendo il mio pensiero.

 

Foto 14.  Ho cercato di posizionare il primo ramo dandogli un aspetto sinuoso e femminile.

 

Foto 15.  L’avvolgimento del filo mette già in evidenza un aspetto gradevole per questa pianta.

 

Foto 16.  Rami e rametti devono essere avvolti con il filo.

 

Foto 17.  La sinuosità dei rami deve seguire quella del tronco.

 

Foto 18.  L’avvolgimento del filo è stato completato, l’abete visto nella parte frontale.

 

Foto 19.  La parte posteriore dell’abete argentato. Fine dello step in attesa del rinvaso.

 

Foto 20.  L’amico e allievo Sergio di Belluno mi ha procurato una pietra di tufo che dovrò modellare per ospitare l’abete.

 

Foto 21.  La pietra tufo come si sa si presta ad essere scavata, modellandola. Inoltre ha la capacità di assorbire acqua per imbibizione. Naturalmente ho dovuto usare la fresatrice applicando un disco diamantato per facilitare il taglio della pietra.

 

Foto 22.  L’uso di un martello e scalpello mi ha permesso di creare una cengia sufficientemente concava per poter alloggiare l’apparato radicale della pianta.

 

Foto 23.  L’aspetto della pietra che fungerà da contenitore la trovo adatta per lo stile Bunjin o Literati.

 

Foto 24.  Una “martellata” un po’ più robusta mi ha rotto la parte terminale della pietra, e poiché

questo prolungamento dà carattere al contenitore l’ho cementato unendolo al corpo della pietra.

 

Foto 25.  Aprile 2013, l’abete è stato rimosso dal vaso di plastica per iniziare il rinvaso.

 

Foto 26.  L’apparato radicale dell’abete argentato  è stato liberato dal terriccio e abbondantemente lavato.

 

Foto 27.  Una parziale riduzione delle radici si è resa necessaria.

 

Foto 28.  Provo a posizionare l’abete sulla pietra.

 

Foto 29.  Sarà necessario fissare bene l’apparato radicale per poter sostenere il peso della pianta nell’inclinazione desiderata.

 

Foto 30.  Scelta l’inclinazione, Haina si appresta ad aggiungere il terriccio con un’alta percentuale

di keto, polvere di akadama e terriccio ricco di humus.

 

Foto 31.  Si applica delle zolle di muschio per creare il paesaggio ma soprattutto per proteggere il substrato mantenendolo costantemente umido.

 

Foto 32.  Questo tipo di terriccio per Bonsai su roccia risulta essere il più idoneo, in quanto ha il potere di trattenere a lungo l’acqua.

 

Foto 33.  Muschi di varie specie e tonalità contribuiscono a creare il paesaggio che esprime questa composizione.

 

Foto 34.  Rinvaso e creazione del paesaggio sono stati ultimati. L’inclinazione della pianta  suggerisce equilibrio e stabilità.

Foto 35.  La scelta del fronte.

 

Foto 36.  L’abete Bunjin fotografato nella nicchia appositamente costruita per fotografare i Bonsai.   Questo naturalmente è il primo step che potrà subire delle modifiche in futuro;  è vero, c’è un discreto movimento del tronco verso l’apice a “canna da pesca” poco attraente, ma questo consente di fissare un tenue movimento iniziale per proseguire verso l’apice nel prossimo futuro.

Inoltre, anche il primo ramo al momento appare troppo pesante per uno stile così raffinato come il Bunjin, il quale andrà sicuramente ridotto.

 

Foto 37.  Sono stati aggiunti due elementi di compagnia. L’abete con la sua marcata inclinazione verso destra farebbe supporre che l’esposizione sia corretta, voi cosa ne pensate?

 

Foto 38.  Picea pungens “Kosteriana glauca”. L’abete argentato realizzato nello stile Bunjin, rappresenta un Bonsai  dal fascino inconfondibile. Ritornando all’analisi dell’esposizione, il primo ramo dà il carattere dominante di questo Bonsai determinandone la corretta esposizione, poiché anche l’apice è stato modellato per dirigersi verso destra, anche se il tronco ha un chiaro movimento verso sinistra. Ecco in sintesi l’analisi di questo Bonsai.

 

 

Potatura primaverile del Faggio patriarca

Potatura primaverile del Faggio patriarca

Questo faggio storico merita un’attenzione supplementare nella manutenzione, al fine di mantenerlo bene e in perfetta forma.

La prima spuntatura dei teneri germogli avviene quando il germoglio stesso ha completato il suo sviluppo. Dopo una decina di giorni all’ascella delle foglie si presenta l’embrione delle gemme, mentre le foglie si son fatte più forti e verdi. Ecco giunto ilo momento di usare la forbice per ridurre i germogli seguendo il profilo del Bonsai.

 

L’EVOLUZIONE DELLE MARGOTTE BIODINAMICHE DI ACERO TRIDENTE.

L’EVOLUZIONE DELLE MARGOTTE BIODINAMICHE DI ACERO TRIDENTE.

A cura di Armando Dal Col

 

Le fasi lunari  influenzano sicuramente da sempre tutto ciò che concerne l’agricoltura, e le sperimentazioni agricole sono la storia dei nostri progenitori. Ho voluto sperimentare anch’io gli influssi lunari nelle varie fasi biodinamiche proprie della luna in rapporto con i pianeti, cercando di verificarne gli effetti.

A tal proposito ho intenzionalmente voluto “trasgredire”  sia i tempi che i metodi suggeriti, sperimentando anche dei periodi inusuali. Ciò che comunque ho fatto non si discosta  molto nell’uso comune nel fare una margotta, poiché il fine ultimo è quello di ottenere una nuova pianta munita di molte radici realizzata nei vari modi.  A volte può succedere che l’intervento  effettuato a distanza di pochi giorni influisca positivamente o negativamente, anche con la potatura di rami di una certa dimensione; è incredibile come le fasi biodinamiche della luna possano influenzare moltissimo sul  ritiro di linfa con la perdita del ramo! Viceversa, può agevolare la formazione e lo sviluppo di nuove radici anche nella fase di attecchimento di una pianta.

Seguiremo alcune fasi della realizzazione delle margotte su di un acero tridente,  intervenendo su dei rami precedentemente preparati a tale scopo fino a simulare le sembianze di un alberetto,  praticando delle tecniche avanzate.

 

Acer buergerianum, sequenza di immagini delle margotte.

Haina modella un veccio Abete rosso nato nel 1960.

Haina inizia a modellare l’abete.

http://www.youtube.com/watch?v=gRPT6zBeixA&feature=share&list=UUgaxoVbEkVt_uglzAlPuoyg

http://youtu.be/V6kQWUo8N8I

http://youtu.be/wmDY13XRlO4

Una Farnia dall’aspetto imponente tipico della specie rimodellata come un Bonsai.

Una Farnia dall’aspetto imponente tipico della specie rimodellata come un Bonsai.

 

Ringrazio Paolo per avermi affidato  oltre al suo interessante pino silvestre, anche questa quercia della specie Farnia da modellare raccolta 10/15  anni fa.

All’epoca della raccolta la Farnia fu subito trasferita  in un grande vaso di plastica da coltivazione, regolarmente potata ma mai rinvasata. In tutti questi anni la pianta non ha mai ricevuto delle tecniche bonsaistiche mirate, poiché Paolo la considerava molto simile alle vecchie querce che vivono in natura. Affidandomi la pianta da rimodellare, si è subito espresso di porre SOLO delle lievi modifiche, al fine di mantenere la forma naturale tipica della specie. Ho quindi cercato di non stravolgere la forma, anche perché eliminando dei rami “antiestetici sviluppatesi in natura”, avrei creato dei vuoti incolmabili, come la posizione di un robusto ramo cresciuto abbastanza appressato al tronco in una forma pseudo verticale che togliendolo avrebbe creato una voragine. Dopo aver valutato attentamente la pianta, decisi di scegliere il fronte opposto al ramo verticalizzato, a scapito del nebari che presentava caratteristiche migliori. Con la scelta di questo fronte, ho cercato di “nascondere” alla vista il ramo in questione, modellando le restanti branche aiutandomi soprattutto con dei tiranti. Alla fine della lavorazione, la farnia ha evidenziato maggiormente le sue caratteristiche, e Paolo ne è rimasto compiaciuto.

Buona visione.

Betulla; come le serpi della Medusa,la Sophorajaponica intreccia i suoi rami contorti e tormentati.

Betulla; come le serpi della Medusa,la Sophora japonica intreccia i suoi rami contorti e tormentati.

Armando Dal Col visto nel 1971 mentre modella la betulla come la chioma di Medusa e, subito dopo, visto nel 2011.

La betulla ama un ambiente fresco, soleggiato e pedemontano dove esprime il meglio di sé.

La storia di questa betulla fatta da seme nata nella primavera del 1966, inizia con la prima foto del febbraio del 1971, quando decisi di dargli una forma come la chioma di Medusa usando il filo di rame degli elettricisti. Forma sicuramente insolita per una betulla, poiché mi ero ispirato alla Sophora japonica tortuosa cui ero rimasto molto affascinato.  Infatti, come le serpi della chioma di Medusa,la Sophorajaponica intreccia i suoi rami contorti e tormentati.

Purtroppo, la totale mancanza di informazioni sulle tecniche bonsaistiche, -se non quelle da me sperimentate-, non mi avevano aiutato a conoscere le esigenze della betulla che mal sopporta ad essere modellata come la chioma di Medusa e così, anno dopo anno alcuni rami perirono.

Ci son voluti alcuni anni di osservazioni sul comportamento della betulla per riuscire a comprenderla. Infatti, la betulla è una pianta affascinante ma piuttosto “permalosa”! poichè  crescendo velocemente ha un altro handicap,  mal sopporta “potature a legno”, in particolar modo se vengono effettuate con la luna crescente;  i ritiri di linfa sono le cause più comuni nel far perdere un ramo con la potatura. Fortunatamente, la betulla ha la capacità di generare gemme e germogli sia alla base delle radici, sia all’ascella dei rami, stimolando così la formazione di germogli e di polloni.

Per ovviare alla perdita dei rami è necessario intervenire con una certa frequenza con la potatura dei germogli e del taglio delle foglie più grandi, in questo modo si riesce a mantenere una vegetazione compatta, usando nel frattempo contenitori bassi per frenare la crescita mantenendo il substrato sempre umido.

Foto 1. Armando Dal Col visto nel 1971 mentre modella la betulla come la chioma di Medusa.

 

Foto 2. Come le serpi della chioma di Medusa, la Sophora japonica intreccia i suoi rami contorti e tormentati.

 

Foto 3. La betulla vista nel 1991. Dopo la perdita di alcuni rami, alla base delle radici si era sviluppato un robusto pollone che mi permise di modificare lo stile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Foto 4. Primavera del 2001, alla base delle radici si è sviluppato un giovane germoglio il quale contribuirà  a formare il nucleo famigliare nello stile:  Padre, Madre e figlio.

 

La Betulla vista nel marzo del 2011.

 

La Betulla vista nel mese di aprile; la Betulla è in piena vegetazione ed ha alcuni rami lunghi e sottili che mi fanno pensare ad un cambio di stile.

Foto 7. Giugno 2011, la betulla è stata defogliata e modellata nello stile pendulo-piangente ondulato, usando il metodo “Seishi”.

 

Foto 8. La Betulla è stata posta sopra il bancale in un’area semi-ombreggiata del giardino.

 

Foto 9. La base annosa della betulla nei suoi 45 anni di vita reali evidenzia la caratteristica corteccia sugherosa, tipica delle vecchie betulle.

 

Foto 10. La Betulla vista nel mese di luglio 2011 dopo l’avvenuta germogliazione post defogliazione.

 

Foto 11. Nuovi germogli all’apice di uno degli alberelli.

 

Foto 12. Armando con la Betulla nel 2011. Sono trascorsi 40 anni dalla prima immagine visibile nella foto che tiene in mano; le dimensioni della betulla non si sono discostate di molto, anzi direi che si sono ridotte, mentre i capelli di Armando si son fatti canuti, e così pure la corteccia della Betulla mostra i segni del tempo trascorso.

 

Foto 13. Armando sembra dialogare con la Betulla. E come non potrebbe essere dopo 45 anni di vita trascorsi insieme?

 

LEZIONE SULLA MARGOTTA DINAMICA.

Tecniche sulla margotta “Dinamica”.

 

Ho interpretato così questo metodo nel fare una margotta inusuale chiamandola “margotta dinamica” per le tecniche usate.

Intendiamoci, non si discosta  molto nell’uso comune nel fare una margotta, poiché il fine ultimo è quello di ottenere una nuova pianta munita di molte radici. Semmai sono le tecniche usate che si differenziano parzialmente dal metodo comune.

Vediamo alcune immagini tradizionali  -E  NON-  step by step su alcune piante. Vedremo l’incredibile evoluzione di una margotta dinamica fatta sul tronco di Amorpha fruticosa eseguita il 29 maggio 2011 e separata il 25 giugno dopo soli 27 giorni!

Vedremo la stessa margotta fotografata il venti giugno. Dopo tre settimane si notano già diverse radici.

Sono trascorsi 27 giorni dal momento in cui era stata fatta la margotta. Da un ulteriore controllo ho notato che si son prodotte molte radici, per cui –oggi 25 giugno- ho deciso di separarla dalla pianta madre.

L’Amorpha fruticosa è stata trapiantata in un grande vaso di coltivazione con del buon terriccio ricco di humus.

GLI EFFETTI DELLA MARGOTTA DINAMICA.

 

Le fasi lunari hanno influenzato da sempre tutto ciò che concerne l’agricoltura, fin qui nulla di nuovo poiché le sperimentazioni agricole sono la storia dei nostri progenitori. Ho voluto sperimentare gli influssi lunari nelle varie fasi biodinamiche proprie della luna, da qui il titolo di  “margotta dinamica”.

Intendiamoci, non si discosta  molto nell’uso comune nel fare una margotta, poiché il fine ultimo è quello di ottenere una nuova pianta munita di molte radici realizzata nei vari modi. La differenza (e la difficoltà), sta nell’individuare le fasi biodinamiche della luna per intervenire nei tempi precisi. A volte può succedere che l’intervento  effettuato a distanza di poche ore anche solo con la potatura di rami di una certa dimensione, possa influenzare moltissimo un possibile  ritiro di linfa con la perdita del ramo! Viceversa, può agevolare la formazione e lo sviluppo di nuove radici anche nella fase di attecchimento di una pianta.

Queste in sintesi sono gli effetti della “dinamicità” della margotta nel produrre molte radici in tempi relativamente brevi.

 

Per esempio come in questo caso:

L’effetto di una margotta dinamica dopo 27 giorni dall’applicazione ha prodotto una grande quantità di radici per cui si è reso necessario separare la margotta dalla pianta madre.

Questi sono gli effetti della “dinamicità” della margotta usando alcuni accorgimenti insieme alle mie tecniche messe a punto in questi ultimi anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La margotta “dinamica” da me coniata non è da confondere con la normale margotta osservando la luna calante o luna crescente ma, bisognerebbe conoscere un pò…

 

Metodo biodinamico

Si basa sul mese siderale, della durata di 27 giorni e mezzo, ovvero del tempo impiegato dalla luna per compiere un giro completo intorno alla terra e tornare in congiunzione con una stella prefissata. In questo percorso la luna attraversa le 12 costellazioni dello Zodiaco, dando luogo alle fasi ascendente e discendente (da non confondere con crescente e calante). Nella fase ascendente , che va dal Sagittario al Toro, la luna favorisce la salita della linfa verso la sommità delle piante. Nella fase discendente, che va dai Gemelli allo Scorpione, favorisce lo sviluppo delle radici. Inoltre, l’ingresso della luna nelle costellazioni stimola 4 parti della pianta, ognuna delle quali individua un preciso gruppo di piante: da radice, quando passa attraverso le costellazioni di Terra.