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Lo scrittore giornalista Mario Anton Orefice mi intervista.

http://corsadellanima.blogspot.it/2014/08/il-faggio-patriarca.html

martedì 19 agosto 2014
Il faggio Patriarca

Era un bambino quando allungava il braccio per indicare i ciliegi, i peri, i meli, i peschi in lontananza sulla collina. Per un’illusione prospettica sembrava che quegli alberi così piccoli crescessero sulla mano aperta verso il cielo. Le vacanze estive e pasquali dal nonno a Reseretta, a Tarzo, erano una continua scoperta: una nuova pianta, un insetto, un sentiero, una nuvola dalla forma strana.
Classe 1935, Armando Dal Col viveva a Longarone, dove mamma e papà avevano un negozio di frutta e verdura molto prima che l’ingegner Carlo Semenza progettasse la diga del Vajont. La tragedia andrà in scena alle 22.39 del 9 ottobre 1963. Quella sera Armando ritorna dalla Val Zoldana ed è diretto a Belluno dove abita con la famiglia e dove da qualche tempo per hobby coltiva degli alberi in miniatura. Passa a salutare i genitori intorno alle 21. La mamma lo invita a rimanere, è arrivata la sorella Silvana dalla Germania e c’è anche uno dei nipotini. È tardi, facciamo una di queste sere, non ti preoccupare, dice Armando, poi sale in macchina e riparte. Saprà il giorno dopo che sono tutti morti e ripenserà a quelle domeniche, quando con gli amici andavano a Erto e Casso, e i discorsi erano sempre gli stessi: Prima o poi il Toc viene giù, Se non è quest’anno è il prossimo.
I piccoli alberi diventano ancora più importanti e nel 1966, visitando la fiera Euroflora a Genova, scoprirà che il suo hobby è una delle discipline della filosofia zen, come il tiro con l’arco, la cerimonia del tè, la composizione di haiku, l’ikebana e le arti marziali.
Oggi Armando Dal Col è uno dei più importanti maestri bonsai in ambito internazionale: il debutto avviene nel 1986 quando con il suo faggio Patriarca lascia a bocca aperta la Nippon Bonsai Association che lo nomina “istruttore meritevole” e gli consegna il primo premio del concorso mondiale.
Lo aveva visto in una delle sue passeggiate nella foresta del Cansiglio: quel faggio, crivellato dai pallini dei cacciatori e schiacciato contro una roccia, stava morendo. Per cinque anni se ne prese cura, ogni tanto diceva: Vado a trovarlo, e la figlia meravigliata: Non è mica una persona!
A primavera tagliò la radice principale, quella che usciva dalla pietra e si infilava nel terreno: contò 200 anelli. L’anziano amico continuò a crescere con vigore finché un giorno … È difficile da spiegare, sentii che ero l’albero e l’albero era me. Anche il vaso in ceramica del Patriarca ha una storia particolare: il maestro vasaio della famiglia imperiale giapponese, visto il bonsai, predisse alla pianta un grande avvenire e pose tre condizioni per la creazione del vaso: nessun limite di tempo, di spesa, e nessuna interferenza sulla scelta della forma e del colore. Selezionò le argille più rare, pensò alla forma e alle sfumature, e infine lo modellò; il tempo della cottura fu di una settimana, di un mese quello del raffreddamento con fuoco d’erba; la consegna avvenne dopo tre anni.
Un pesco da frutto, una cidonia da fiore, una forsizia, un pino marittimo come sospinto da continue raffiche di vento, un nocciolo come spaccato dal fulmine, un boschetto di minilarici che sta in un abbraccio, e tanti altri piccoli alberi, più di cinquecento, vivono uno accanto all’altro nel Giardino della Serenità, in centro a Tarzo, poco distante dalla casa del nonno, a Reseretta. Armando e sua moglie Haina accolgono con un sorriso ospiti e allievi che arrivano da ogni parte del mondo. Accanto all’entrata, un pensiero: “Cerco il posto ideale dove indugiare, dove ascoltare il cinguettio degli uccelli e il rumore delle fronde scosse dal vento, dove cogliere l’essenza dello spirito del wabi-sabi: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto.”
Pubblicato da Mario Anton Orefice a 09:09
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Foto fatte da Mario Anton Orefice (2)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (3)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (4)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (5)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (6)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (7)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (8)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (9)

Foto fatte da Mario Anton Orefice (10)

Creazione di un Tokonoma, o meglio di una “Alcova” per fotografare i Bonsai.

    Creazione di un Tokonoma, o meglio di una “Alcova” per fotografare i Bonsai.

 

 

 

Il  Tokonoma è un universo immaginario posto all’interno di una casa tradizionale giapponese situato nella stanza degli ospiti o,  comunque,  in un luogo riparato per godere della grandezza della Natura in forma di microcosmo.  Ma può anche essere considerato  un luogo di meditazione consacrato alla “spiritualità”.

Realizzare  un Tokonoma classico che possa “avvicinarsi” a quelli giapponesi non è così semplice in quanto le nostre abitazioni  non sono adatte, ed inoltre non si trovano facilmente tutti gli oggetti originali che lo compongono. Ho quindi cercato di “arrangiarmi” con materiali nostrani per realizzare una nicchia o meglio un’alcova che rispecchiasse almeno in parte le “sembianze” di un Tokonoma giapponese, prestando soprattutto l’attenzione sul colore dello sfondo che deve essere di una tonalità tenue, uniforme, e dal colore caldo. Quando si prepara un Bonsai per una mostra importante è bene verificarne l’effetto curando con attenzione gli elementi di accompagnamento. Ecco quindi che lo spazio espositivo nel tokonoma si rivela molto utile, in quanto si ha l’esatta prospettiva di come verrà esposto.

Nelle mostre tradizionali i tavoli o piani d’appoggio per i Bonsai hanno un’altezza media di 80 cm, in questo modo i visitatori possono ammirarli più facilmente. Infatti, nel tokonoma tradizionale giapponese il piano d’appoggio è appena rialzato dal pavimento, non superando l’altezza di 10/20 cm poiché gli ospiti sono seduti o inginocchiati per terra sopra un cuscino e così,  il Bonsai si trova ad altezza degli occhi.  Noi occidentali siamo abituati a rimanere seduti su una sedia attorno al tavolo del soggiorno, così possiamo ammirare le opere d’arte appese alle pareti, e se lo spazio ce lo consente sarà possibile realizzare una parete per costruirci un Tokonoma. Naturalmente per poter ammirare un Bonsai che occasionalmente lo potremo esporre all’interno, il piano d’appoggio potrà essere ad un’altezza utile per poterlo ammirare standosene tranquillamente seduti sul divano o in una poltrona.  Ed è per questo che il mio tokonoma ha il piano d’appoggio di 70 cm di altezza, così è possibile osservare il Bonsai nel punto focale più idoneo, e cioè il terzo inferiore dell’albero.

 

Ed ora qualche immagine sulla costruzione del tokonoma con l’aspetto finale.

 

L’ALBERO DEI SOGNI “ISTRUITO”.

L’ALBERO DEI SOGNI “ISTRUITO”.

Gli alberi crescono anche in condizioni “poco Favorevoli”, ecco un paio di immagini dell’albero dei sogni ripreso a fine ottobre 2012.

 

Le idee nascono nel nostro subconscio materializzandosi se le realizziamo subito prima che svaniscano dalla nostra mente.

Ecco la mia ultima creatura chiamata  “L’ALBERO ISTRUITO”.

Come mai ho dato questo nome ad un albero?

Semplicemente perché la sua crescita sarà alimentata fra le pagine di un libro di Cultura.

Ed ora alcune immagini dell’albero “istruito”.

 

Tarzo, 5 giugno 2012.

 

Armando Dal Col

MOSTRA DEL BONSAI ARTISTICO A TARZO

MOSTRA DEL BONSAI ARTISTICO E SUISEKI DOMENICA 17 APRILE 2011 NELLA VIA CENTRALE DI TARZO. Per informazioni telefonare al N° 0438 587265

L’evento è imminente, un’occasione ghiotta per quanti possono partecipare.

http://www.giornalesentire.it/2011/febbraio/2478/ilgiardinodellaserenita.html

Con l’arrivo della primavera, il Giardino Museo Bonsai della Serenità di Armando e Haina Dal Col apre i battenti alle visite degli appassionati di quest’arte filosofia orientale.
Domenica 17 aprile 2011 la via centrale di Tarzo sarà addobbata da una fantastica mostra personale di Bonsai dei coniugi Dal Col. A questa sesta edizione interverrà la famosa flautista Federica Lotti, la quale proporrà due interventi musicali (15,30 e 16) durante il pomeriggio di visita al “Giardino Museo Bonsai della Serenità”. Ed è così che accettando l’invito ha espresso un suo pensiero:
Mi ha conquistato subito fin dalla prima volta il “Giardino Bonsai della Serenità” di Armando e Haina.
E’ un misto di stupore e di curiosità davanti alla forza della natura ed alla tecnica dell’uomo quello che si prova nel Giardino, una malìa dolce che ti attira e che ti chiede di saperti fermare, saper osservare, saper ascoltare.

Una musicista come me ha sentito il desiderio di tornare a suonare lì, in mezzo a tutta quella bellezza, quasi a cercare di farne parte, assorbirne la serenità ed effonderla attraverso il suono del mio flauto. Come una fontana di suoni.

La manifestazione sarà curata con la collaborazione dell’Associazione Culturale PRO.G.E.T.T.O. di TARZO presieduta dall’ing. Alberto Baldassar. Il percorso della mostra si estenderà con la visita al Giardino Museo Bonsai della Serenità che si trova vicino alla Chiesa. I visitatori saranno accolti dalla signora Haina, moglie del Maestro, la quale farà da guida per ammirare le centinaia di opere, molte delle quali sono salite sul podio al World Bonsai Contest in Giappone.

IL M° ARMANDO DAL COL all'ingresso del celebre giardino Bonsai.

MALUS  SYLVESTRIS

Melo carico di frutti.

Pinus sylvestris in esposizione.

La flautista Federica Lotti ripresa durante uno dei suoi numerosi concerti.

L’ECO DEL PINO LORICATO, IL PATRIARCA DEL MONTE POLLINO.

Foto 2. Pino loricato del monte Pollino. Non ci sono parole per definire questi luoghi che considero sacri; il silenzio è sicuramente più idoneo per interpretare quello che l’ambiente suscita. Sullo sfondo si notano dei pini loricati ormai passati a miglior vita ancora in piedi o accasciati al suolo, testimoni di lontane ere geologiche.

L’ECO DEL PINO LORICATO, IL PATRIARCA DEL MONTE POLLINO.

Ho ancora vivo in me l’immagine del “Patriarca”, il pino loricato millenario che vive sul monte Pollino, in Basilicata.
Le sue possenti radici scendono a raggiera sulla parete rocciosa strisciando come serpenti, a tratti in un saliscendi davvero impressionante.
E’ grazie al caro amico Gianni Picella di Bari e ai nuovi amici incontrati a Castrovillari se ho potuto salire sul Pollino, vedere i vecchi e maestosi Faggi secolari dai tronchi bitorzoluti e, i pini loricati affascinanti ed unici poiché specie pseudo endemica le cui origini tuttavia appartengono alla Grecia e naturalizzatesi sul monte Pollino probabilmente ad opera degli uccelli con le loro deiezioni contenenti dei semi. Ho così potuto toccare con mano e sedermi sopra ad una radice del “Patriarca” così chiamato, poiché considerato il pino più vecchio d’Italia.
Cielo, sole, terra, roccia, neve e vento caratterizza questo lembo della Basilicata.
Nessun paesaggio è privo di vita, ma ovunque l’ambiente è minacciato dall’uomo dove si compiono ripetuti atti di vandalismo.
Sul nostro pianeta gli alberi e le genti si ergono diritti verso il cielo. Gli alberi portano il fardello del loro crescere, come vecchi maestri mentre noi apprendiamo.
I pini loricati del Pollino, con i possenti tronchi coperti di grosse squame come il guscio di una tartaruga o di certi scudi antichi, hanno i rami contorti e mutilati, esempi di misteriose forze della natura. Essi sono dei superbi giganti che colonizzano pareti rocciose e sono lì a sfidare per secoli tormente di neve e ghiaccio, fulmini e saette, temperature estreme, e incendi dolosi provocati dall’uomo…
Il Pino loricato, morendo, perde la corteccia evidenziando i tronchi attorcigliati i quali, sottoposti all’azione continua del vento assumono una colorazione ossea-argentata, quasi lucente; gli alberi con la loro scheletricità appaiono così drammatici e affascinanti.
In una radura incontrammo dei resti di pini loricati accasciati al suolo ormai in via di decomposizione, testimoni di lontane ere geologiche.
L’emozione che provai, penetrando in questa sorta di tempio, fu davvero indicibile, e si è colti da un profondo senso di serenità interiore che rende sazi in tutti i sensi.
L’escursione sul Pollino è giunta al termine ed ora è tempo di ritornare a valle. L’atmosfera di questo parco è rarefatta, eterea, e rispettosamente ci allontaniamo quasi in punta di piedi.

Foto 1. Siamo seduti sulle radici del “Patriarca”. Gianni Picella ed io siamo rimasti “catturati” dalla poderose radici del Patriarca, il Pino loricato millenario. Avremmo dovuto inginocchiarci al suo cospetto anziché sederci sopra ad una radice, ma in cuor nostro sappiamo che non gli abbiamo mancato di rispetto.

VISITATORI ITALIANI E STRANIERI AL SEI WA BONSAI EN.

VISITATORI ITALIANI E STRANIERI AL SEI WA BONSAI EN.

Momenti sereni per quanti hanno potuto visitare dal vero il fantastico Giardino Museo Bonsai della Serenità dei coniugi  Armando e Haina Dal Col. Numerosi appassionati provenienti da tutta Italia e da ogni parte del mondo, hanno potuto “assaporare” dal vero molti dei capolavori Bonsai  creati dal M° Armando Dal Col, i quali hanno fatto la storia del Bonsai in Italia –e non solo-, alcuni dei quali sono stati premiati dalla Nippon Bonsai Association e al Word Bonsai Friend Federation World Bonsai Contest. Enjoy!

Armando e Haina Dal Col

Estetica o quintessenza Bonsai?

Un Bonsai dall’aspetto naturale non è molto apprezzato in quanto tale, ed è sicuramente così quando ci troviamo di fronte ad una pianta che è stata solo potata per ridurne le dimensioni e fatta crescere in un vaso bonsai.

Carpinus_betulus

Carpino bianco dall’aspetto “naturale”. La “Quintessenza” Bonsai.

Ma se noi riusciamo a creare un Bonsai dall’aspetto “naturale” cercando di riprodurre la naturalezza e la semplicità offerta da Madre Natura ma che in realtà una bellezza così perfetta in natura non esiste o è difficilissimo riscontrare, avremo sicuramente raggiunto lo scopo.
Sembrerebbe un gioco di parole, ma imitare la natura nella sua semplicità penso sia la cosa più difficile nell’imprimere quel particolare fascino in un Bonsai con le caratteristiche sopra elencate.
Mentre con la padronanza delle tecniche acquisite sarà più accessibile creare dei Bonsai sofisticati che però hanno poco di “naturale”.
L’uomo nasce imperfetto, ed è straordinariamente affine a quello di un bonsai e per crescere ha bisogno di una società sana e di una famiglia premurosa.
La società detta le regole del vivere, raddrizza dove c’è da raddrizzare, sviluppa dove c’è da sviluppare, a volte elimina più o meno drasticamente. La famiglia aiuta, indirizza, nutre, consola e protegge.
L’uomo, per essere degno di tale nome, deve vivere nel mondo con individualità, armonia e dignità: deve coltivare costantemente queste caratteristiche, rendendole mezzo e fine della propria esistenza.
Un bonsai ha queste caratteristiche, e se non le ha bisogna aiutarlo a svilupparle.
Il bonsai possiede individualità, giacché creazione dell’uomo: il bonsai non è natura, la Natura è nutrice; resta compito dell’uomo dare a ogni pianta peculiarità uniche, che lo distinguano dagli altri.

Larice Fioritura

Larice in fioritura dall’aspetto “naturale”

L’individualità, da sola, non è però sufficiente: è importante che vi sia armonia, che non è, o non è solo, bellezza di forme, ma soprattutto accordo con le leggi della Natura.
Non è armonico un bonsai che in natura non potrebbe esistere, perché tutto ciò che è “in piccolo” deve poter essere “in grande”.
In caso contrario, a nulla vale l’individualità. L’unione e il raggiungimento di questi due caratteri danno come risultato la dignità; la bellezza non è punto di arrivo per il bonsai, ma di partenza; (in termini filosofici: Wabi e Sabi), che però, dal punto di vista filosofico, sono e devono essere al servizio della natura: quella che è Madre, vale a dire il ritmo delle stagioni con tutte le sue regole; e quelle della pianta, con le sue caratteristiche ed esigenze, che dell’altra è figlia.
La bellezza infine da sola è poca cosa, e meno che mai pura estetica, perfezione di forme.

Armando Dal Col